Malattie aritmogene genetiche: diagnosi e trattamento
Sindrome del QT lungo congenito
La sindrome del QT lungo è una patologia aritmica su base genetica, caratterizzata da un elevato rischio di aritmie ventricolari potenzialmente maligne a seguito del prolungamento della durata della ripolarizzazione ventricolare, con un QTc (QT corretto, calcolato come rapporto tra intervallo QT e radice quadrato dell’intervallo RR che sottende il QT) superiore a 440 ms nei soggetti di sesso maschile e superiore a 460 ms nei soggetti di sesso femminile (Fig.1 da inserire).
La malattia può presentare trasmissibilità autosomica dominante, sindrome di Romano-Ward, o autosomica recessiva, sindrome di Jervell e Lange-Nielsen (J-LN), associata a sordità neurosensoriale.
Dal punto di vista genetico è caratterizzata da estrema eterogeneità. Attualmente sono noti un totale di 10 geni coinvolti nella malattia: i 3 geni principali coinvolti sono KCNQ1 (LQT1) che codifica per i canali IKs, KCNH2 (LQT2) che codifica per i canali IKr ed SCN5A (LQT3), che codifica per il canale del sodio. Altri 7 geni conosciuti coprono un numero ridotto di casi, per lo più correlati a forme di LQTS che si associano a fenotipi particolari: le varianti LQT4, LQT5, LQT6, LQT7 (sindrome di Andersen), LQT8 (sindrome di Timothy). Del tutto recentemente sono stati descritti altri due geni malattia, cav3 e SCN4B, che tuttavia sembrano responsabili di pochissimi casi.
I soggetti affetti possono presentare, oltre al tipico prolungamento dell’intervallo QT ed alla bradicardia sinusale inappropriata per l’età, onde T bifasiche o notched. In casi particolari, specie in presenza di estremo prolungamento del QT, è possibile osservare la presenza di un blocco atrioventricolare 2:1 funzionale e fenomeni di alternanza battito/battito dell’onda T.
L’aritmia più frequente nella LQTS è la tachicardia ventricolare con caratteristica modifica dell’asse elettrico (torsione di punta) che facilmente degenera in fibrillazione ventricolare (Fig.2 da inserire).
Sono noti specifici triggers per le principali forme genetiche nella LQTS: nei pazienti LQT1, il più ampio sottogruppo genetico, la maggior parte degli eventi cardiaci potenzialmente letali si verifica durante attivazione simpatica, prevalentemente indotta dall’esercizio. I pazienti LQT2 sono particolarmente sensibili alle emozioni e ai rumori improvvisi, quali lo squillo del telefono o quello della sveglia. I pazienti LQT3 presentano più frequentemente eventi aritmici maligni in condizioni di riposo o nel sonno.
Oltre alle disionie, molti farmaci possono allungare il QT. Tra gli antiaritmici la chinidina, la disopiramide, il sotalolo e l’amiodarone, tra gli antibiotici l’ampicillina, l’azitromicina, la claritromicina, l’eritromicina, il trimetoprin-sulfametossazolo, allungano il QT. L’allungamento del QT non è aritmogeno allo stesso modo per i vari farmaci, ed a parità di farmaco nei vari pazienti.
La terapia cardine nella LQTS è la terapia β-bloccante (2-4 mg/kg die di propranololo o 1-2 mg/kg die di nadololo; il metoprololo sembra meno efficace e dovrebbe essere limitato ai pazienti in cui è necessario utilizzare un farmaco selettivo per la presenza di comorbidità) che ha dimostrato efficacia nella riduzione della mortalità, specie nei pazienti LQT1, poiché gli eventi potenzialmente mortali si verificano in fase di attivazione simpatica.
I soggetti con QTc superiore a 500 msec, specie se del tipo LQT2 e LQT3, sono da considerare ad alto rischio di aritmie ed in tali pazienti è stata prospettata la possibilità di una indicazione ad impianto di ICD anche in prevenzione primaria.
I pazienti LQT3 pazienti non sono protetti dalla terapia β-bloccante quanto gli altri due sottogruppi genetici e quindi terapie addizionali divengono necessarie. La mexiletina, bloccante del canale del sodio, è in grado di ridurre in maniera significativa l’intervallo QT, riducendo il rischio di aritmie ventricolari potenzialmente letali.
La Denervazione Cardiaca Simpatica di Sinistra (LCSD) è stata associata a una riduzione e a lungo termine nella frequenza di eventi sincopali o arresto cardiaco pur non dando una protezione assoluta da eventi aritmici. Questo intervento terapeutico può essere preso in considerazione per pazienti che hanno sincopi malgrado la terapia β-bloccante e per tutti i pazienti con ICD che hanno tempeste aritmiche con interventi frequenti dell’ICD.
L’impianto di ICD in prevenzione secondaria, in associazione all’uso di betabloccanti, è raccomandato in soggetti con precedente arresto cardiaco o nei soggetti con pregressa sincope o tachicardia ventricolare in terapia betabloccante e/o mexiletina.
I recenti protocolli COCIS 2009 per il rilascio dell’idoneità cardiologica alla pratica fisica-sportiva controindicano ogni tipo di attività sportiva agonistica in soggetti affetti da sindrome del QT lungo, indipendentemente dal genotipo, dalla presenza o meno di aritmie ventricolari e di trattamento prescritto (farmaci e/o ICD).